La passione per le auto e moto d’epoca è oggi un fenomeno di costume che coinvolge centinaia di migliaia di persone. Fioriscono le riviste di settore, non passa domenica che non vengano organizzati raduni o manifestazioni dalle centinaia di club che fioriscono in tutta la penisola, i mercatini specializzati sono ormai realtà che coinvolge centinaia di espositori, alcuni ormai veri professionisti di marche o modelli particolari. Le edicole sono piene di fascicoli sulla storia della auto e moto dei tempi passati, con a corredo i relativi modellini. La grande industria non trascura questo fenomeno, e ragione, se guardiamo ai successi mondiali della nuova Vespa e dei re-make della Mini e della 500.
Non entriamo in questa sede nelle motivazioni storiche o sociologiche dell’esplodere di questo fenomeno, ma partiamo dall’oggi per tornare indietro nel tempo, di quarant’anni, al 23 Febbraio 1968, quando un gruppo di toscani, amanti di vecchi motori, si trovò di fronte ad un notaio a Pistoia per formalizzare la nascita di una delle primissime associazioni di veicoli d’epoca in Italia. Nasceva il Club Auto e Moto d’Epoca Toscano, il CAMET, che ricorda in questi giorni i suoi primi quarant’anni.
Di fatto, già dall’inizio degli anni sessanta, a Pistoia, aveva preso corpo un sodalizio di proprietari di veicoli d’epoca che si trovavano per parlare di quei loro ferrovecchi che avevamo “salvato” dallo sfasciaccarrozze per andare ad ingombrare il garage o il cortile di casa. Oltre a queste chiacchiere tra amici, questi “pionieri” dettero il via alla divulgazione della cultura del motorismo storico in Toscana organizzando ad una passerella annuale di vetture costruite entro gli anni trenta che si svolgeva a Montecatini Terme nel mese di settembre.
Questi appassionati, che si contavano sulle dita di due mani, furono i “pionieri” di una passione che è oggi di centinaia di migliaia di persone ma che allora sembrava così incomprensibile.
Incomprensibile …
… Torniamo infatti con la memoria a quegli anni. La povertà nera del dopoguerra era superata, la paura della fame e della mancanza di lavoro erano un ricordo. La ricostruzione volgeva al termine. C’era lavoro per tutti e, col lavoro, la possibilità di comprare i prodotti che un’industria galoppante sfornava a pieno regime e che ogni sera Carosello portava nelle case e nei sogni degli Italiani : televisori per raccogliere la famiglia al posto del caminetto, lavatrici per dare più tempo alle donne, la Vespa e la Lambretta e poi la 500 e la 600 per arrivare più facilmente al lavoro e per le gite domenicali. La corsa alla tecnologia sembrava inarrestabile e la TV portava nelle case di tutti i successi del progresso: l’uomo era nello spazio, si parlava di sbarcare sulla Luna, la medicina faceva passi da gigante con Barnard che cambiava il cuore come il meccanico metteva la marmitta Abarth alla tranquilla utilitaria di famiglia, nasceva l’autostrada del Sole con le sue lunghissime gallerie ed i viadotti mozzafiato che addomesticavano i passi dell’appennino permettendo le sfide “da casello a casello…”.
Naturalmente i motori non erano da meno, con auto sempre più confortevoli ma soprattutto accessibili a tutti, grazie anche agli acquisiti “a rate”. Senza dimenticare il fascino di modelli prestigiosi, velocissimi o lussuosi, o addirittura fuori-serie per coloro che si potevano permettere di ordinare a Pininfarina o Bertone una auto tagliata su misura, come fosse un vestito di sartoria. Erano gli anni del boom economico, e l’auto era uno dei simboli del benessere raggiunto. Auto come mezzo di libertà e di svago, per coloro che scendevano dalla bicicletta o dalla Vespa, e come status symbol per i tanti “cumenda” che cavalcavano il vorticoso sviluppo della penisola.
In tanto entusiasmo per il progressoed il futuro, a chi poteva interessare quella vecchia e lenta Aurelia data indietro per acquistare l’ultima e potente Alfa Romeo ? Oppure quella rumorosa Moto Guzzi sfrattata dal garage per far posto alla fiammante 600 ? E poi, a chi potevano importare le vetture ancora più vecchie, quelle d’anteguerra ? Di queste, in Italia, ne erano rimaste veramente poche, le poche scampate alle razzie degli eserciti in fuga e sopravvissute alla cannibalizzazione di pezzi negli anni durissimi del dopoguerra. Le poche superstiti giacevano dimenticate in qualche casolare di campagna o da qualche ferrivecchi in attesa di essere distrutte.
Poi, nel Novembre del 1966, l’Arno si mise di grande impegno per spingere ad una forzata “rottamazione” (si direbbe oggi) il parco auto di mezza Toscana.
Sintomatico dell’attitudine di quegli anni nei confronti delle vecchie auto è leggere un articolo di Quattroruote del Gennaio 1963 che rispondeva ad un lettore interessato a sapere il valore venale di uno di quei “ferrovecchi” di cui si parlava sopra. Al riguardo, l’opinione di Quattroruote – la cui passione sui motori è al di sopra di ogni sospetto – era che “ll valore reale di una macchina antica è quello del metallo da recuperare “.
Questa scarso entusiasmo non demotivò i primi animatori del giovane Club toscano che furono : Morescalchi, Ferretti, Coccoli, Giorgetti ed il Conte Felice di Tocco. Fu quest’ultimo appunto, fiorentino di nascita ma discendente di una nobile e antica famiglia calabrese, ad occupare un ruolo di primo piano, raccogliendo intorno a sé tutti gli appassionati della regione. Non appena fondato, il CAMET si federò all’ ASI (Automotoclub Storico Italiano), la federazione dei primissimi Club di motori storici, a sua volta nata in quegli anni dalla fusione di due organizzazioni preesistenti : il FIAME (Federazione Italiana AutoMoto d’Epoca) e il VCC (Veteran Car Club).
Il conte Felice Di Tocco, in breve tempo diventò un personaggio talmente noto e stimato, da essere nominato vice presidente dell’A.S.I. Molti altri soci del CAMET hanno nel corso degli anni ricoperto importanti ruoli nazionali all’interno dell’A.S.I., come consigliere federale, commissario tecnico nazionale, commissario sportivo, presidente della commissione tecnica, presidente della commissione cultura ed altri ancora a testimonianza dell’impegno profuso dai soci del Club toscano nello sviluppo del movimento culturale del motorismo storico in Italia (solo per citare qualche nome : N. Bronzini, A. Bruni, D. Duina, A. Ercoli, M. Forleo, G. Rousseau, R. Segoni e M. Tabucchi).
Nel corso degli anni, dalla matrice dall’organizzazione del CAMET si sono via via sviluppati molti altri club in Toscana, che è oggi una delle regioni più attive nella cultura del motorismo storico.
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